Il quarto pilastro della lotta al cancro

Chirurgia, chemio e radioterapia. Sino agli anni duemila erano queste tre le sole armi a disposizione per la cura del cancro. La quarta, quella che sta permettendo in alcuni casi di guarire o cronicizzare la malattia, è l’immunoterapia.

Se prima del suo avvento la ricerca era finalizzata a sviluppare molecole dirette contro il tumore, oggi con l’immunoterapia nel mirino finiscono le cellule del sistema immunitario. L’idea di fondo alla base dell’immunoterapia è sfruttare la capacità delle cellule che ci difendono di riconoscere ed eliminare le cellule cancerose. Un meccanismo, del tutto fisiologico, che non sempre però funziona a dovere. I tumori infatti sono in grado, tramite la secrezione di alcune molecole, di spegnere questa risposta e crescere in maniera indisturbata.

L’individuazione e la comprensione del funzionamento di questi attori è stato il primo passo per progettare dei farmaci capaci di rimuovere quel freno -messo in atto dal tumore- che limita la risposta immunitaria. Con essi è oggi possibile mantenere sempre accesa la risposta controllando, di fatto, la malattia. Un esempio su tutti è il melanoma metastatico, primo tumore al mondo in cui è stata sperimentata l’immunoterapia. Se prima dell’avvento degli immunoterapici l’aspettativa di vita media era di 6-9 mesi, oggi il 25% dei pazienti trattati con il primo farmaco immunoterapico della storia (ipilimumab) è vivo a 10 anni dalla diagnosi.

Le scoperte dei meccanismi che hanno portato allo sviluppo delle nuove terapie sono valse, nel 2018, il premio Nobel a Tasuku Honjo e James P. Allison. A loro il merito di aver individuato PD-1 e CTLA-4, i bersagli dei principali farmaci immunoterapici oggi in commercio. Oggi non ci sono più dubbi: per curare la maggior parte dei tumori occorre innanzitutto curare il nostro sistema immunitario.

Meccanismo d’azione:

CTLA-4

Sulla superficie delle cellule T del sistema immunitario è presente il recettore CTLA-4. Quando quest’ultimo viene attivato la cellula viene inibita. Fisiologicamente la presenza di CTLA-4 serve per spegnere la risposta immunitaria in modo tale da evitare una iperattivazione. I macrofagi, una volta riconosciuto il tumore, espongono sulla propria superficie quelle proteine che permettono l’attivazione delle cellule T. Una risposta che nel tempo si riduce attraverso il legame tra macrofaco e CTLA-4 che permette alle cellule cancerosa residue di crescere. Gli immunoterapici che agiscono su CTLA-4 legano questo recettore impedendo lo spegnimento della risposta. In questo modo le cellule T attive possono agire senza alcun freno contro le cellule tumorali.

PD-1/PD-L1

Sulla superficie delle cellule T del sistema immunitario è presente il recettore PD-1. Quando quest’ultimo viene attivato la cellula viene inibita. Le cellule tumorali esprimono il recettore PD-L1, una proteina che si lega a PD-1 portando allo spegnimento della risposta immunitaria. Una disattivazione che permette alla cellula cancerosa di crescere. Gli immunoterapici che agiscono su PD-1 legano questo recettore impedendo lo spegnimento della risposta. Non solo, oggi sono disponibili immunoterapici in grado di legare il recettore PD-L1 delle cellule tumorali impossibilitandone il legame con PD-1. In questo modo le cellule T attive possono agire senza alcun freno contro le cellule tumorali.

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