Nelle scorse settimane si è riacceso il dibattito sull’utilità dei vaccini a mRNA contro il cancro. L’occasione è stata una dichiarazione da parte della casa farmaceutica Moderna pubblicata sul quotidiano “The Guardian”. Una comunicazione forte che non deve però essere fraintesa. Qui di seguito cerchiamo di chiarire di cosa si tratta e perché in futuro questo tipo di tecnologia potrebbe diventare parte integrante delle cure anticancro.
Dalla prevenzione alla cura: i vaccini terapeutici a mRNA
I vaccini, per come li conosciamo, servono a prevenire lo sviluppo di una determinata malattia. Ma i vaccini non esistono solo in chiave preventiva: è questo il caso dei vaccini terapeutici, prodotti che mirano a stimolare il sistema immunitario affinché riconosca ed elimini le cellule tumorali. Per farlo la tecnologia dei vaccini a mRNA rappresenta il miglior metodo. Se per Covid-19 i vaccini a mRNA sono stati utilizzati per prevenire la malattia, nel cancro i vaccini a mRNA sono in fase di studio da decenni.
L’iniziale fallimento
“Nel passato -spiega il professor Michele Maio- le sperimentazioni di questi vaccini terapeutici, utilizzati da soli, hanno purtroppo avuto alterna fortuna sia per le più limitate conoscenze tecnologiche ed immunologiche sia a causa di un errore metodologico di approccio. Infatti, negli scorsi anni l’efficacia di questi strumenti terapeutici in grado di agire sul sistema immunitario veniva valutata secondo i criteri tipici della classica chemioterapia, come ad esempio la capacità di ridurre la massa tumorale entro una certa finestra temporale”. Parametri che hanno fatto “fallire”, a torto, le prime sperimentazioni.
Le sperimentazioni in corso
Ora, complice la pandemia che è stata controllata anche grazie ai vaccini ad mRNA, si è rinnovato l’interesse di questi agenti terapeutici contro il cancro. Rinnovato interesse che si è tradotto nell’avvio di diverse sperimentazioni cliniche per neoplasie di tipo diverso tra le quali il tumore del polmone, il melanoma e i tumori testa-collo. Proprio nei giorni scorsi sono stati presentati al congresso dell’American Association for Cancer Research (AACR)c i risultati della combinazione di pembrolizumab e mRNA-4157 (V940) -un immunoterapico e un vaccino a mRNA rispettivamente- in pazienti con melanoma in stadio III/IV che hanno subito l’asportazione totale del tumore. I risultati hanno fatto emergere che la sopravvivenza libera da recidiva a 18 mesi è stata del 78,6% nel gruppo che ha utilizzato la combinazione di farmaci rispetto al 62,2% nel gruppo con il solo pembrolizumab. La combinazione ha mostrato dunque una riduzione statisticamente significativa del rischio di recidiva o morte del 44%.
Integrare più strategie di cura
Un risultato importante, quello ottenuto nei pazienti con melanoma, che dimostra la bontà dell’approccio integrato. «Questi strumenti, se utilizzati in combinazione con le terapie che già oggi abbiamo disponibili, contribuiranno sicuramente nei prossimi anni a migliorare sempre di più il controllo della malattia. I vaccini terapeutici a mRNA potrebbero rappresentare un nuovo pilastro di cura da affiancare alla tradizionale chirurgia, radioterapia, chemioterapia, e immunoterapia» conclude Maio.