“Hackerare” il tumore per renderlo visibile al sistema immunitario. E’ questa la strategia per innalzare il livello di efficacia dell’immunoterapia nella cura del cancro. A discuterne -grazie alla supervisione di Michele Maio, ordinario di Oncologia dell’Università di Siena, direttore del Centro di Immuno-Oncologia presso Ospedale S. Maria alle Scotte di Siena e presidente di Fondazione NIBIT- sono stati i principali esperti mondiali nel campo dell’immuno-oncologia riuniti dal 5 al 7 ottobre per la VII edizione del “Think Tank: a vision of I-O. Call for actions” organizzata dalla Fondazione NIBIT in collaborazione con due eccellenze internazionali come il Parker Institute for Cancer Immunotherapy e il World Immunoterapy Council.

Quando l’immunoterapia non funziona

“L’immunoterapia da alcuni anni -spiega Maio- è diventata la quarta strategia di trattamento dei tumori dopo chirurgia, radioterapia e chemioterapia. Nonostante sia utilizzata sempre di più con successo nella cura nella maggior parte delle neoplasie -da sola o in combinazione anche con farmaci chemioterapici- non tutti i pazienti riescono a trarne beneficio. Per questa ragione la ricerca da tempo sta indagando le ragioni di questa parziale o mancata risposta”.

Agire sull’epigenoma

Uno dei motivi del fallimento è dovuto alla capacità del tumore di “nascondersi” agli occhi del sistema immunitario. Ecco perché oggi più che mai è fondamentale trovare il modo di rendere le cellule cancerose visibili al nostro sistema di difesa. Una delle strategie che si sta facendo sempre più strada a tale scopo prevede la modificazione dell’epigenoma del tumore. “L’obiettivo -prosegue Maio- è quello di indurre delle modificazioni nelle proteine che sono avvolte attorno al DNA che servono alla regolazione dell’espressione di alcuni geni. Il fine ultimo è generare la produzione di proteine sulla superficie delle cellule neoplastiche, componenti fondamentali nell’interazione tra tumore e sistema immunitario. In questo modo il tumore risulta maggiormente riconoscibile da parte delle cellule di difesa immunitaria dei pazienti”.

L’idea di utilizzare questo approccio è nata proprio grazie ai pionieristici studi del gruppo di ricerca del professor Maio. A testimonianza della bontà di questa strategia, recentemente gli scienziati della Fondazione NIBIT -coordinati dalla professoressa Anna Maria Di Giacomo- hanno pubblicato sulla rivista Nature Communications i risultati dello studio clinico NIBIT-M4. Attualmente la ricerca, come raccontato durante l’evento da poco conclusosi, sta percorrendo sempre di più questa strada con l’obiettivo di rendere più efficace l’immunoterapia, anche nei pazienti che non hanno risposto ad un precedente trattamento immunoterapico.

Integrare le scienze omiche

Un altro tema ampiamente discusso durante il Think-Tank 2023 è stato quello dell’approccio “omico” alle terapie. “Oggi più che mai è necessario identificare tutti gli attori in gioco nell’interazione tra sistema immunitario e tumore. Attraverso un approccio multi-omico la ricerca sta arrivando a comprendere quali sono i pazienti che risponderanno ad una determinata terapia e per quali sarà necessario intervenire in maniera differente. Per fare ciò però è fondamentale il contributo di scienziati di diversa estrazione. E lo spirito del Think-Tank va proprio in questa direzione: mettere a fattore comune le competenze di tutti per migliorare sempre di più le cure immunoterapiche” conclude Maio.

Il prossimo appuntamento con la VIII edizione di “Think Tank: a vision of I-O. Call for actions” è fissato per il 3-5 ottobre 2024.